martedì 13 gennaio 2009

E' nato il blog de Il clandestino: www.ilclandestinonline.blogspot.com.

Noi facciamo parte del progetto, quindi questo blog sarà un pò trascurato, ma vi aspettiamo nel blog de Il clandestino!!!

Contribuite anche voi!!!

lunedì 10 novembre 2008

Solidarietà a Tommaso Fonte


Dopo 27 anni di attività sindacale la CGIL di Ragusa ha interrotto qualsiasi rapporto di collaborazione con Tommaso Fonte, segretario generale uscente, ritenendo di non volersi più avvalere del medesimo dopo il previsto periodo di sospensione dagli incarichi esecutivi in relazione alla sua candidatura per le elezioni regionali siciliane dell’aprile 2008.

Fonte è un dirigente della CGIL che nel corso degli ultimi anni si è battuto ed esposto in prima persona nelle vertenze territoriali più rischiose e delicate come la lotta per l’acqua pubblica, la lotta contro lo sfruttamento del lavoro, per la trasparenza degli appalti nella sanità e nella pubblica amministrazione.

Esprimiamo profondo stupore, amarezza e grande preoccupazione per tale decisione della CGIL, che allarma chi nella società civile e democratica ha avuto in Tommaso Fonte un punto di riferimento sulle questioni della legalità, dello sviluppo e dei diritti fondamentali.

A seguito di tale suo impegno Fonte ha subito minacce di ogni tipo, anche di morte, di cui non si conoscono ancora gli autori.

Crea inquietudine e sconcerto il fatto che dopo la denuncia di un episodio di intimidazione, il dirigente sindacale sia stato paradossalmente processato per simulazione di reato, e infine pienamente assolto. Non risulta peraltro che dopo tale sentenza, emessa dal giudice dott. Andrea Reale il 21 gennaio 2008, siano state fatte indagini per far luce sui fatti denunciati.

Esprimiamo pertanto a Tommaso Fonte la nostra piena e totale solidarietà, sicuri che il suo impegno e la sua passione civile continueranno ad essere patrimonio importante per il territorio ibleo e la Sicilia tutta.

martedì 4 novembre 2008

METODO COSSIGA -Quel camion pieno di spranghe-



di Curzio Maltese

Aveva l´aria di una mattina tranquilla nel centro di Roma. Nulla a che vedere con gli anni Settanta. Negozi aperti, comitive di turisti, il mercatino di Campo de´ Fiori colmo di gente. Certo, c´era la manifestazione degli studenti a bloccare il traffico.

«Ma ormai siamo abituati, va avanti da due settimane» sospira un vigile. Alle 11 si sentono le urla, in pochi minuti un´onda di ragazzini in fuga da Piazza Navona invade le bancarelle di Campo de´ Fiori. Sono piccoli, quattordici anni al massimo, spaventati, paonazzi. Davanti al Senato è partita la prima carica degli studenti di destra. Sono arrivati con un camion carico di spranghe e bastoni, misteriosamente ignorato dai cordoni di polizia. Si sono messi alla testa del corteo, menando cinghiate e bastonate intorno. Circondano un ragazzino di tredici o quattordici anni e lo riempiono di mazzate. La polizia, a due passi, non si muove.

Sono una sessantina, hanno caschi e passamontagna, lunghi e grossi bastoni, spesso manici di picconi, ricoperti di adesivo nero e avvolti nei tricolori. Urlano «Duce, duce». «La scuola è bonificata». Dicono di essere studenti del Blocco Studentesco, un piccolo movimento di destra. Hanno fra i venti e i trent´anni, ma quello che ha l´aria di essere il capo è uno sulla quarantina, con un berretto da baseball. Sono ben organizzati, da gruppo paramilitare, attaccano a ondate. Un´altra carica colpisce un gruppo di liceali del Virgilio, del liceo artistico De Chirico e dell´università di Roma Tre. Un ragazzino di un istituto tecnico, Alessandro, viene colpito alla testa, cade e gli tirano calci. «Basta, basta, andiamo dalla polizia!» dicono le professoresse.

Seguo il drappello che si dirige davanti al Senato e incontra il funzionario capo. «Non potete stare fermi mentre picchiano i miei studenti!» protesta una signora coi capelli bianchi. Una studentessa alza la voce: «E ditelo che li proteggete, che volete gli scontri!». Il funzionario urla: «Impara l´educazione, bambina!». La professoressa incalza: «Fate il vostro mestiere, fermate i violenti». Risposta del funzionario: «Ma quelli che fanno violenza sono quelli di sinistra». C´è un´insurrezione del drappello: «Di sinistra? Con le svastiche?». La professoressa coi capelli bianchi esibisce un grande crocifisso che porta al collo: «Io sono cattolica. Insegno da 32 anni e non ho mai visto un´azione di violenza da parte dei miei studenti. C´è gente con le spranghe che picchia ragazzi indifesi. Che c´entra se sono di destra o di sinistra? È un reato e voi dovete intervenire».

Il funzionario nel frattempo ha adocchiato una telecamera e il taccuino: «Io non ho mai detto: quelli sono di sinistra». Monica, studentessa di Roma Tre: «Ma l´hanno appena sentito tutti! Chi crede d´essere, Berlusconi?». «Lo vede come rispondono?» mi dice Laura, di Economia. «Vogliono fare passare l´equazione studenti uguali facinorosi di sinistra». La professoressa si chiama Rosa Raciti, insegna al liceo artistico De Chirico, è angosciata: «Mi sento responsabile. Non volevo venire, poi gli studenti mi hanno chiesto di accompagnarli. Massì, ho detto scherzando, che voi non sapete nemmeno dov´è il Senato. Mi sembravano una buona cosa, finalmente parlano di problemi seri. Molti non erano mai stati in una manifestazione, mi sembrava un battesimo civile. Altro che civile! Era stato un corteo allegro, pacifico, finché non sono arrivati quelli con i caschi e i bastoni. Sotto gli occhi della polizia. Una cosa da far vomitare. Dovete scriverlo. Anche se, dico la verità, se non l´avessi visto, ma soltanto letto sul giornale, non ci avrei mai creduto».

Alle undici e tre quarti partono altre urla davanti al Senato. Sta uscendo Francesco Cossiga. «È contento, eh?» gli urla in faccia un anziano professore. Lunedì scorso, il presidente emerito aveva dato la linea, in un intervista al Quotidiano Nazionale: «Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand´ero ministro dell´Interno (...) Infiltrare il movimento con agenti pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto della polizia. Le forze dell´ordine dovrebbero massacrare i manifestanti senza pietà e mandarli tutti all´ospedale. Picchiare a sangue, tutti, anche i docenti che li fomentano. Magari non gli anziani, ma le maestre ragazzine sì».

È quasi mezzogiorno, una ventina di caschi neri rimane isolata dagli altri, negli scontri. Per riunirsi ai camerati compie un´azione singolare, esce dal lato di piazza Navona, attraversa bastoni alla mano il cordone di polizia, indisturbato, e rientra in piazza da via Agonale. Decido di seguirli ma vengo fermato da un poliziotto. «Lei dove va?». Realizzo di essere sprovvisto di spranga, quindi sospetto. Mentre controlla il tesserino da giornalista, osservo che sono appena passati in venti. La battuta del poliziotto è memorabile: «Non li abbiamo notati».

Dal gruppo dei funzionari parte un segnale. Un poliziotto fa a un altro: «Arrivano quei pezzi di merda di comunisti!». L´altro risponde: «Allora si va in piazza a proteggere i nostri?». «Sì, ma non subito». Passa il vice questore: «Poche chiacchiere, giù le visiere!». Calano le visiere e aspettano. Cinque minuti. Cinque minuti in cui in piazza accade il finimondo. Un gruppo di quattrocento di sinistra, misto di studenti della Sapienza e gente dei centri sociali, irrompe in piazza Navona e si dirige contro il manipolo di Blocco Studentesco, concentrato in fondo alla piazza. Nel percorso prendono le sedie e i tavolini dei bar, che abbassano le saracinesche, e li scagliano contro quelli di destra.

Soltanto a questo punto, dopo cinque minuti di botte, e cinque minuti di scontri non sono pochi, s´affaccia la polizia. Fa cordone intorno ai sessanta di Blocco Studentesco, respinge l´assalto degli studenti di sinistra. Alla fine ferma una quindicina di neofascisti, che stavano riprendendo a sprangare i ragazzi a tiro. Un gruppo di studenti s´avvicina ai poliziotti per chiedere ragione dello strano comportamento. Hanno le braccia alzate, non hanno né caschi né bottiglie. Il primo studente, Stefano, uno dell´Onda di scienze politiche, viene colpito con una manganellata alla nuca (finirà in ospedale) e la pacifica protesta si ritrae.

A mezzogiorno e mezzo sul campo di battaglia sono rimasti due ragazzini con la testa fra le mani, sporche di sangue, sedie sfasciate, un tavolino zoppo e un grande Pinocchio di legno senza più una gamba, preso dalla vetrina di un negozio di giocattoli e usato come arma. Duccio, uno studente di Fisica che ho conosciuto all´occupazione, s´aggira teso alla ricerca del fratello più piccolo. «Mi sa che è finita, oggi è finita. E se non oggi, domani. Hai voglia a organizzare proteste pacifiche, a farti venire idee, le lezioni in piazza, le fiaccolate, i sit in da figli dei fiori. Hai voglia a rifiutare le strumentalizzazioni politiche, a voler ragionare sulle cose concrete. Da stasera ai telegiornali si parlerà soltanto degli incidenti, giorno dopo giorno passerà l´idea che comunque gli studenti vogliono il casino. È il metodo Cossiga. Ci stanno fottendo».

da la Repubblica

martedì 28 ottobre 2008

Appello per Rita Borsellino all’Assemblea Regionale Siciliana

Rita e Una nuova prospettiva

Rita Borsellino e Una nuova prospettiva

Testo dell’appello:

Al Signor Presidente dell’ARS

On. Francesco Cascio

e p.c. Ai Signori Capigruppo all’Ars

Il parere espresso dalla Commissione verifica poteri dell’Assemblea Regionale Siciliana, in data 21 ottobre 2008, suscita in noi sentimenti di indignazione e stupore.

Infatti, dopo che per mesi, il Parlamento Siciliano ha operato in palese difformità con il nostro Statuto, non provvedendo a sostituire l’On. Anna Finocchiaro perchè dimessasi subito dopo l’insediamento della nuova Assemblea, la decisione assunta, nella giornata di ieri dalla Commissione di merito risulta offensiva e mortificante per i tanti siciliani che, già nelle elezioni per la Presidenza della Regione del 2006 e, ancora, in occasione delle più recenti elezioni del 2008, hanno manifestato uno straordinario consenso nei confronti dell’On. Rita Borsellino.

Tale decisione, non solo tradisce e offende la volontà popolare ma rischia di ledere la credibilità della stessa Assemblea, da Lei presieduta, mortificando quello straordinario processo di partecipazione di tanti giovani, donne e uomini siciliani, che ha caratterizzato, in questi anni, l’impegno civile e politico di Rita Borsellino.

Con questo nostro appello vogliamo richiamare la Sua attenzione e la responsabilità di ogni singolo parlamentare, affinché la decisione che il Parlamento andrà a prendere, nelle prossime settimane, possa essere nel contempo autorevole, ma anche capace di rispondere alla volontà popolare così chiaramente espressa, contribuendo a far si che ogni cittadino possa tornare ad avere fiducia nelle istituzioni che lo rappresentano.

Palermo, 22 ottobre 2008


Per firmare l’appello:

http://www.unaltrastoria.org/index.php?option=com_content&task=view&id=163


venerdì 24 ottobre 2008

L'ipotesi Calamandrei

"Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza.
Non vuole fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura.

Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito?
Si accorge che le scuole di Stato hanno difetto di essere imparziali.

C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata.

Allora il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica,intendiamoci).
Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle.
Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private.
Le scuole del suo partito, di quel partito.
Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private.
Cure di denaro e di previlegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole , perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato.
E magari si danno dei premi,come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private.
A “quelle” scuole private.
Gli esami sono più facili,si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola previlegiata.

Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare prevalenza alle scuole private.

Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere.

Attenzione, questa è la ricetta.

Bisogna tener d’occhio i cuochi di questa bassa cucina. L’operazione si fa in tre modi: ve l’ho già detto: rovinare le scuole di Stato.
Lasciare che vadano in malora.
Impoverire i loro bilanci.
Ignorare i loro bisogni.
Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private.
Non controllarne la serietà.
Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare.
Lasciare che gli esami siano burlette.
Dare alle scuole private denaro pubblico.

Questo è il punto.
Dare alle scuole private denaro pubblico."

Piero Calamandrei
Discorso pronunciato da Piero Calamandrei al III congresso dell’Associazione a Difesa della Scuola Nazionale, a Roma l’11 febbraio 1950


domenica 19 ottobre 2008

NEL CONTINENTE NERO Totò e Mirello alla scoperta dell' Africa


di Alfio Sciacca

La fatica più grossa? Baciare. Da quelle parti non è come in Sicilia. Ad ogni bacio loro rispondono con altri tre e dunque era tutto moltiplicato. Non si finiva mai. Totò "vasa-vasa" torna fiaccato dopo dieci giorni di campagna elettorale in Africa, per la precisione in Congo. Nel continente nero l'ex governatore siciliano è andato a sostenere l'amico Eugene Diomi Ndongata,leader della Democratie chretienne congolaise (la Dc locale, attualmente all'opposizione) e lo ha fatto come sa fare lui. Baci e abbracci a non finire che "hanno messo a dura prova la mia resistenza fisica". Una missione per conto del partito.

"Era previsto che ci andasse Casini, ma non se l'è sentita di sottoporsi alla profilassi antimalarica e così ha deciso di man dare me, anche perchè ho una certa esperienza". In che senso? "Nel senso che non sono nuovo dell'Africa. Sono stato più volte in Burundi, Tanzania, Burkina Faso ed ora ho più tempo e non mi dispiace rifare alcune esperienze giovanili. Per tanti che promettono di andare in Africa e non ci vanno mai, io ci sono stato e ci ritornerò. A breve andrò a inaugurare un ospedale realizzato con i fondi della Regione Sicilia".

Nonostante abbia appena finito le dosi di chinino sembra ringalluzzito "Totò l'Africano", come l'hanno ribattezzato i suoi fedelissimi. Non è che sta pensando ad un esilio lontano dalla politica e dalla Sicilia? "Niente affatto, anche se la giudico un'esperienza molto formativa. Dall'Africa si vedono meglio anche le cose italiane e siciliane. Ai miei nemici dico di andarci e restarci per sempre, ai miei amici consiglio di andarci per capire quel che abbiamo e non riusciamo ad apprezzare". E le disavventure giudiziarie? Nessuna domanda imbarazzante? "Nulla. Sono stato accolto con grande calore e ho parlato a migliaia di persone che sanno tutto dell'Italia". E' tanto entusiasta dell'esperienza africana da mostrare con orgoglio l'album di viaggio e soprattutto la foto che lo ritrae attorniato da bambini ("ne ho adottato a distanza oltre 20"). Ma a sorpresa in una foto compare anche l'inconfondibile sagoma di Mirello Crisafulli, ex deputato regionale ds e ora senatore del Pd. Ma che ci fa un esponente del partito di Veltroni nella campagna elettorale della Dc congolese? "Ma no, lui è venuto privatamente". "E' chiaro - conferma Crisafulli - una sera ci siamo incontrati a cena e visto che non ero mai stato in Africa abbiamo deciso di andare assieme. Lui si è fatto la sua campagna elettorale e io sono andato in giro ad ammirare coccodrilli e scimmie". Niente intese trasversali? "Magari - ride di gusto Crisafulli - Se Cuffaro e l'Udc venissero con noi non sarebbe una cosa da buttar via".

dal Corriere della sera

sabato 18 ottobre 2008

1° Anniversario della strage - Vendicari ricorda - commemorazione 1° Novembre

Un anno fa, il 28 Ottobre 2007, la spiaggia di Vendicari è stata teatro dell’ennesima strage del mare, che si somma a tutte quelle che da anni si compiono nelle frontiere europee. Il rovescio di una piccola imbarcazione provocava la morte di 17 egiziani e palestinesi, partiti dall’Egitto.
La trasformazione dell’Europa in fortezza sta provocando crimini e tragedie che si compiono al tempo presente. Le stragi di migranti e rifugiati lungo le frontiere europee continuano imperterrite, accompagnate dal cinismo e dall’indifferenza dell’Europa e dei paesi del Mediterraneo. Centinaia di Milioni di euro vengono spesi per finanziare centri di detenzione all’interno e fuori dall’Unione Europea e per sostenere accordi con regimi di paesi a cui viene affidato il controllo delle frontiere.
Parallelamente viene messa in atto ogni giorno una campagna politica e mediatica di criminalizzazione dei migranti, mentre sopratutto in territori come il sud d’Italia, si favoriscono forme di schiavitù e sfruttamento e la violazione dei diritti fondamentali.
Per non dimenticare tutte le vittime dell’immigrazione e per coinvolgere la società civile in tale questione, invitiamo a partecipare assieme ai familiari delle vittime e ai superstiti del naufragio sabato 1° Novembre 2008 alle ore 15 alla commemorazione del naufragio avvenuto nella notte tra il 27 e il 28 Ottobre del 2007 a Vendicari. Punto d’incontro Villa di Noto (Porta Reale).
Dopo la cerimonia con l’ Imam Mufid, la musica di Ramzi Harrabi e Poesie, si svolgerà alle ore 18 nella Sala Dante di Noto un dibattito sull’immigrazione dove parteciperanno oltre ai
familiari delle vittime ed i superstiti del naufragio il giornalista Gabriele del Grande, l’avvocato Paola Ottaviano il documentarista Roman Herzog e la scrittrice Heike Brunkhorst.